Un "amore distruttivo", un "amore sfuggente e distratto", ma anche un amore ritrovato – quello per se stessi – che si emancipa progressivamente dalla morsa fagocitatrice dell'Assenza, attraverso il compimento di un percorso sensoriale. Non a caso il libro inizia con il racconto Una favola nuova da raccontare, un invito a volgere lo sguardo verso quel "pezzetto di cielo" tenuto a lungo nascosto o compresso tra le grate di una prigione interiore, che attende pazientemente di essere sorvolato da chi sa calzare le ali dei propri sogni. E il libro si conclude con il racconto Il mio Dio – che dà il titolo all'intera opera – dove la parabola della mutazione si è realizzata e la maturità affettiva si è fatta Donna, nel momento in cui all'allontanamento da parte della persona amata non segue più una frantumazione identitaria, ma l'accoglimento consapevole del distacco.
L'eros costituisce il campo d'attenzione che riscrive le calligrafie dell'esistenza, l'inchiostro che sparge sul foglio bianco – e sulla pelle – le significanze di un sentire declinato a un calore perduto e ritrovato: il calore del sé. La carica erotica si nutre della forza immaginifica della creatività per decostruire e ricostruire i suoi infiniti mondi emotivi. Questo è ancora più evidente se a incarnare il senso erotico dei racconti è una donna con lo sguardo costantemente rivolto alla relazione umana: l'incontro ne rappresenta la misura di una crescita che non si lascia imbrigliare dai dettami di un pensiero imperante, ma si lascia orientare attraverso l'esplorazione delle sue molteplici manifestazioni, tra gioie e insidie: manipolazione, idealizzazione, compensazione, nullificazione... ma anche desiderio, consapevolezza, riscatto, accoglimento, pienezza.
Dalla postfazione di Valeria Di Felice