Jacob Israël de Haan è il poeta del rimorso, ma più che del rimorso eterno è il poeta della risurrezione poiché il poeta giudaico non annienta ma risuscita il rimorso, si mette in pericolo di morte morale. È una rappresentazione mirabilmente terrificante, quella dell'anima e dei sensi, che si ribaltano in un feroce combattimento corpo a corpo rotolando insieme sull'orlo dell'abisso. Questo è certo: De Haan, che ha difeso l'ortodossia ebraica contro i sionisti, nel suo ultimo canto, ispirato dai Profeti, ha negato l'ortodossia dei profeti di Israele, i penitenti di Yahweh che rasero al suolo Sodoma e Gomorra. Ma se il dire era un dovere, anche il silenzio lo diventa. Anche i pensieri più oscuri trovano pace nella misericordia divina. E l'errante riposò in pace.
Bernard Verhoeven
Jacob Israël de Haan (1881-1924) è stato un romanziere, poeta, giornalista e giurista ebreo-olandese. Nel 1904 esce il suo primo romanzo, Pijpelijntjes, e nel 1908 il secondo, Pathologieën. Entrambi i romanzi hanno una tematica omossessuale e suscitano all'epoca non poche controversie. Tra il 1914 e il 1921 pubblica cinque volumi di poesie che gli apportano una certa consacrazione, ma il valore della sua opera letteraria sarà riconosciuto solo dopo la sua morte. Quartine, un ampio volume di poesie intime e pubblicato postumo, è la raccolta più conosciuta tra le sue opere. Nel 1919 emigra in Palestina dove, il 30 giugno 1924, viene assassinato a Gerusalemme da un membro del movimento di liberazione Hagana, che lo accusava di ostacolare il sionismo e di collaborare con gli arabi. È il primo omicidio politico nella Palestina ebraica ad attirare l'attenzione mondiale. De Haan viene considerato un precursore di Amnesty International per l'attenzione da lui data, nel 1912 e 1913, alle condizioni dei prigionieri politici nelle carceri russe, nonché un precursore del movimento di emancipazione omosessuale.